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Earthling
Eddie Vedder
Ricordo di aver sentito In una trasmissione radiofonica Rai di molti anni fa (Raistereonotte?) la conduttrice definire Eddie Vedder come "la voce più drammatica" del rock. Certo, le asserzioni assolute sono sempre ecccessive, tuttavia in questo caso mi è sembrata cogliere il cuore del fascino di questo cantante che dai furori giovanili del grunge oramai è giunto quasi alla soglia dei sessanta come icona di stile, umanità e impegno politico-umanitario. Qualsiasi cosa lo accompagni (la sua band, una chitarra folk, un ukulele, il giro dei suoi amici e colleghi con cui ama duettare) il suo timbro di voce riesce a rendere magiche anche le canzioni più banali. Certo, da Vedder ci si aspetta sempre un capolavoro e questo disco non lo è (ma anche la produzione dei Pearl Jam non è stata sempre di altissimo livello, pur essendo uno dei gruppi di maggior impatto dagli anni 90 in poi, oltre che una live band straordinaria). E' ascoltabile, gradevole, ma sembra più un gioco vedderiano a mettere in fila gli stilemi delle sue preferenze musicali e degli autori che ammira, da Tom Petty a Springsteen, a Peter Gabriel, ai Beatles, dalle ballate folk ai riff chitarristici, E per fare questo raccoglie un pò di collaborazioni importanti, sia nel gruppo base (dal cantautore irlandese Glen Hansard al batterista dei Red Hot Chili Peppers Chad Smith al govane produttore e chitarrista Andrew Watt) sia nella parata di ospiti (l'armonica di Stevie Wonder, Ringo Starr ed Elton John). L'intero disco non ha una identità precisa, talvolta si disperde, non traccia strade nuove, ma è un buon ascolto di sottofondo. Un disco da autostrada, come si diceva una volta. Certo, da Vedder ci si aspetta sempre di più, ma a lui non possiamo che augurare una lunga vita!