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Songs of a lost world
Cure


16 anni di attesa ma i Cure (in realtà il loro leader Robert Smith, che la formazione è cambiata parecchio) sono riusciti a tornare con un disco di grande livello. Canzoni da un mondo perduto, recita il titolo e in effetti questa è l'impressione che fascia l'ascolto. Non nel senso meramente nostalgico per un gruppo che tanto ha dato con originalità e ironia in una era (tanto velocemente il mondo anche musicale si muove) precedente, ma perché ha il sapore e le atmosfere di una forza che raramente si vede in questi anni. E' un testamento che non lascia malinconia, ma che abbraccia con emozione il tempo che corre, lo straniamento di un mondo che è diventato più cupo ed uniforme, ma in cui ancora vecchi suoni sono significativi. Molti hanno gridato al capolavoro (il che è un pò esagerato), le classifiche sono state scalate (per quel che valgono nell'epoca del digitale e dello streaming). Però non è un disco banale, semplicemente passatista. E' onesto e oscuro senza autoindulgenze, parla di solitudine e di perdita, di sogni e speranze che ancora trapelano da una musica perturbante e malinconica, a tratti dolente ma sempre ipnotica e maestosa anche nella sua fragilità. Certo, anche gli alieni invecchiano, ma il loro sguardo distorto sul mondo ci serve ancora