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Per una filosofia povera. La grande guerra, l'esperienza, il senso: a partire da Lukács
Stefano Catucci | Bollati Boringhieri
Altri libri di Stefano Catucci: |
Introduzione a Focault |
La filosofia critica di Husserl |
... |
Attraverso una rilettura molto dettagliata e sempre
pertinente della filosofia di Giorgy Lukacs, Stefano Catucci
ripropone l'esperienza della prima guerra mondiale come una grande
apocalisse metafisica.
Una lettura complessa che procede sinuosa tra tutte le forme
d'arte, la psicologia, le interpretazioni dei grandi narratori
(come scrive Robert Musil: "Eravamo dei cittadini laboriosi,
siamo diventati degli assassini, dei macellai, dei ladri, degli
incendiari e roba simile; eppure, in realtà, non abbiamo vissuto
proprio nulla. Non è forse vero? Si tira avanti come prima, solo
un po' più fiacchi, con la circospezione dei malati. Gli effetti
della guerra sono stati carnevaleschi, più che dionisiaci. La
rivoluzione si è parlamentarizzata. Da noi, insomma, c'era di
tutto; e in questo non siamo cambiati affatto. Abbiamo visto e non
ci siamo accorti di niente") nell'esprimere il dolente bisogno
di spiritualità e, quasi in parallelo, l'incidenza della guerra
sulla nostra condizione. Stefano Catucci si addentra nella materia
come se fosse l'anfitrione di un congresso che ha come invitati
ideali Sigmund Freud, Walter Benjamin, Ernst Junger e molti altri,
compreso il poeta, Rainer Maria Rilke che nel 1920 scriveva: "Il
passato rimane indietro, il futuro esita, il presente poggia sul
nulla". Per una riflessione che vada oltre la semplice
attualità.