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Confrontiamo allora i nostri miti
Leonard Cohen | Minimum Fax
C'è una magia irrisolta nel debutto, come poeta e scrittore, di
Leonard Cohen. Nell'anno in cui Elvis stregava l'America, il
giovane poeta cercava di "capire la propria parte nella
leggenda" con un piccolo volume di liriche appassionate e
sensuali che avrebbero dato vita ad una lunga e tortuosa saga.
Nei giorni prima delle deviazioni rock'n'roll, Leonard Cohen
graffiava la superficie con versi lirici e incantevoli ("in un
certo posto troverete il mio amore che dorme e attende e non so
da quanto sogni di tutti voi"), bucolici e critpici ("Nel buio
mi dirigo verso casa, terrorizzato dalla sferza del vento
sull'erba, e dall'urlo di vittoria dell'erba e dell'acqua"), a
tratti già sorprendentemente maturi, come Pionieri, che è tutta
un gioiello. Molta della freschezza di queste poesie (che da
tempo non erano più disponibili, nemmeno in versione originale)
è rimasta intatta perché se è vero che "la città è rapita, ed
effimeri edifici vecchi di cent'anni vanno in mille pezzi sulla
strada", è altrettanto vero che nella fede di Leonard Cohen si
vive in "una chiesa libera nella quale ogni uomo può avere la
propria visione". La sua non sarebbe cambiata molto, se non al
momento di imbracciare la chitarra da una parte e la strada del
rock'n'roll (e affini) dall'altra perché, come diceva lo stesso
Leonard Cohen, gli "è sempre piaciuta la gente che il mondo
chiama pazza". Anche a noi.