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Manhattan Transfer
John Dos Passos | Baldini&Castoldi
"Il crepuscolo arrotonda delicatamente gli
angoli bruschi delle strade. L'oscurità incombe sulla fumigante
città di asfalto; ottunde le inquadrature delle finestre, i
manifesti, i camini, i serbatoi, i ventilatori, le scale di
salvataggio, le modanature, le decorazioni, le scanalature, gli
occhi, le mani, le cravatte; li riduce a masse blu, a blocchi
neri. Sotto il rullo che comprime più forte, sempre più forte,
sprizza dalle finestre la luce. La pressione della notte strizza
latte luminoso dai lampioni ad arco, spreme i blocchi scuri delle
case fino a farne sfilare luce rossa gialla verde giù nella strada
rimbombante di passi. Tutto l'asfalto secerne luce. Dalle insegne
luminose sui tetti erompe luce, luce turbina vertiginosamente per
le vie, luce colora tonnellate rullanti di cielo":
New York City, John Dos Passos di cui Jean-Paul Sartre diceva: "Il
suo mondo è impossibile come quello di Faulkner, di Kafka, di
Stendhal perché è contraddittorio. Ma proprio questo è bello: la
bellezza è una velata contraddizione".
Non bisogna aggiungere altro: Manhattan Transfer è il romanzo di
una città brulicante di vita, torbida e vitale. Una città che non
esiste più.