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Dead end blues
Hugues Pagan | Meridiano Zero
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Dead End Blues è romanzo che sfodera tutti gli
strumenti classici del noir: una donna decapitata, un ispettore
portato alla riflessione metafisica, una città che sembra vivere
di vita propria.
Una vecchia chitarra, i Led Zeppelin ascoltati in un walkman,
qualche citazione sparsa sono forse elementi in più, ma la
differenza in Dead End Blues non la fanno loro.
Nella narrativa di Hugues Pagan infatti non c'è solo noir o blues,
ma anche una sana e ruvida vena polemica che gli garantisce una
credibilità che va ben oltre il senso della storia e della trama.
Si legge nel bel mezzo di Dead End Blues: "Non si vogliono mai
ammettere certe cose evidenti, naturali e inevitabili, come il
fatto, per esempio, che il giorno cede sempre il posto alla notte,
che se ne sta lì in agguato e appena può dilaga dappertutto; o che
un mondo deve morire perché ne nasca uno nuovo, di colori più
allegri; o che un giorno si finirà per privatizzare anche la
polizia, come già si discute a proposito delle prigioni: perché,
ci piaccia o meno, lo stato ormai non serve che da tirapiedi alle
multinazionali e ai signori della guerra, che sono gli stessi che
hanno in mano il potere economico".
Insomma con Dead End Blues potrebbe cominciare la scoperta di un
nuovo, importante narratore noir francese.