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Il museo dell'inferno
Derek Raymond | Meridiano Zero
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Schizofrenia, delirio d'onnipotenza, frustrazioni,
manie e persino una sorta di perversa velleità artistica
costituiscono l'identikit del serial killer Ronald Jidney e le
pagine riempite dal confronto con gli uomini della A14, la sezione
della polizia inglese dedicata ai casi non risolti, sono liriche,
per quanto non agevoli.
Forse c'è solo una sottile affinità con American Psycho di Bret
Easton Ellis perché anche lì il mostro si nascondeva dietro un
paravento di (assurda) normalità, però Derek Raymond sembra essere
andato più a fondo. Ha detto in un'intervista del 1993: "Qui si
vive, si muore, è il contratto generale, non ci sono eccezioni.
Certo, se mi guardo intorno, vedo che ci sono dei cretini che
controllano tutto, che sono ai comandi, al volante. Spesso mi
dico: un giorno o l'altro, alla prossima curva, andremo fuori
strada".
Ecco, Il Museo Dell'Inferno non sarà il romanzo migliore di Derek
Raymond però è il più scomodo e per certi versi inquietante,
perché, dietro la maschera del serial killer, dei poliziotti della
A14 e di tutto il disastrato panorama esistenziale della Factory,
scopre una verità difficile da mandare giù: "La civiltà è
finita dentro il cesso, fine della trasmissione".
Brutale, ma credibile.