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La macchina in Corsia Undici
Charles Willeford | Adelphi
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Lontano dalla serie dedicata ad Hoke Moseley, Charles Willeford sembra conoscere, e in parte condividere, le riflessioni di Schopenauer sulla follia e sulla memoria, ovvero che la prima si manifesta come nemesi della seconda. Il protagonista di questo breve racconto, apparso per la prima volta su Playboy nel 1961, Blake, un nome fin troppo evocativo, si trova in un cul de sac o meglio, per restare negli ambiti delle patologie psicologiche, in una tipica situazione da Comma 22: se non ammette di essere folle, e quindi di osservare le regole e gli inviti dell'istituzione, (ovvero se non collabora) lo aspetta un trattamento più duro, ma se si convince e/o convince le istituzioni della sua follia, ogni cura è possibile, compresa la macchina della Corsia Undici, cioè l'elettroshock. Il ribaltamento dei ruoli, imprevisto e repentino, conferma l'identità deviante di Blake e la follia dell'elettroshock e se un piccolo racconto, quale è La macchina in Corsia Undici, non consente di trarre considerazioni definitive o soltanto una valutazione morale di sicuro suggerisce in poche dozzine di pagine un'atmosfera plumbea, l'odore della claustrofobia con una taglio netto, nitido, preciso, essenziale nella forma ed incisivo nel ritmo, con pochi ed essenziali dettagli che bastano a creare un mondo credibile, prerogativa, quest'ultima, di ogni grande scrittore. Un piccolo capolavoro, da non perdere.