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Hard Candy

Counting Crows | Geffen

Elgin Avenue Breakdown

Al quarto disco i Counting Crows provano nuovamente a cambiare strada, guidati da un leader, Adam Duritz, che non ha mai nascosto i suoi sentimenti, le sue sofferenze e il fastidio di dover sopportare il peso di una vera e propria rock'n'roll star. Sono lontani i tempi del successo spropositato di August and Everything After, debutto milionario per una rock band che più semplice e modesta di così si muore, ma l'anima dei Counting Crows non è cambiata più di tanto. Hanno mutato invece le mode intorno, per un gruppo che continua ad essere fuori tempo, capace di recuperare un linguaggio rock classicissimo, con Dylan, Van Morrison e le chitarre di Tom Petty infilate in ogni angolo. Hard Candy non è affatto una caramella amara per i vecchi fans, che ritroveranno anzi soluzioni assai simili ai loro esordi discografici, ma rappresenta anche un passo indietro nell'ispirazione raggiunta col precedente This Desert Life, album splendido quanto ingorato. Sarà per questo che hanno pensato di rivolgersi ad un produttore quotato quale Steve Lillywhite per risollevare le sorti: in realtà la sua mano non si sente affatto e tutto suona un po' piatto. Qualche grande ballata gira sempre nella testa di Duritz (If I Could Give All My Love) e non si negano mai quegli impasti tra folk-rock e melodia che sono il loro marchio di fabbrica, ma tra singoli furbetti (American Girls) e arrangiamenti imbarazzanti (Butterfly in Reverse), Hard Candy resta un disco di transizione, in attesa di uno scatto d'orgoglio.

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