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The Pogues | Rhino
La storia dei Pogues è quella di un gruppo che non è riuscito a considerare la parola "fine" e che ha moltiplicato i suoi sforzi, magari in modo disordinato e confuso, ma sempre molto creativo. Suonavano Afro-Cuban Be-Bop per dirla con Joe Strummer, fiabe di NYC dal sapore molto dickensiano, canzoni dei turchi condannati, poesie di Garcia Lorca, fieste e shanties, tradizionali irlandesi, London Calling, Eve Of Destruction, insomma un mondo lirico e poetico sterminatissimo. Nessuno (salvo forse i Los Lobos) dei loro coetanei ha avuto uno spessore (soltanto i Waterboys nel fugace e irripetibile momento di Fisherman's Blues) generando uno stile in anticipo sui tempi che poi ha generato una vera e propria attitudine a cui non sono estranee nemmeno le Seeger Sessions di Bruce Springsteen. Stile non è proprio la parola giusta, vale (forse) il termine spirito: inarrestabili, irascibili e caotici, sono stati un'esperienza folle e unica, anche per quella leggerezza, quell'allegria e quell'umiltà con cui si muovevano, come se conoscere tutta quella musica (e suonarla) e bersi una pinta fossero la stessa cosa. I box, le antologie e i cofanetti e le ristampe a volte riepiloganoma difficilmente riescono a portare qualcosa di diverso. Invece i Pogues sono stati generosi e innovativi anche in questo sputando fuori in un colpo solo tutte le loro identità. Indispensabile.