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Mighty Rearranger
Robert Plant and the Strange Sensation | Sanctuary
Lasciatosi ormai definitivamente alle spalle l'ingombrante passato dei Led Zeppelin, Robert Plant torna con uno splendido disco che affronta con piglio sicuro e una voce rimasta intatta, nonostante gli anni e le tante traversie. Con un suono corposo e nello stesso tempo molto diretto ed energetico, e ricco di soluzioni: Mighty Rearranger si avventura in territori tanto diversi quanto complementari: l'aria dei Byrds in Dancing In Heaven, il torbido blues di The Enchanter e Let The Four Winds Blow, il sapore del Marocco e del Mali di Ali Farka Toure all'inizio di Takamba e della title track (una canzone sontuosa), persino la ballata folkie (e acustica) in Shine It All Around. Alle chitarre (e ai chitarristi) gli onori e gli oneri principali: reggono in ritmo, non si perdono in assoli autoindulgenti, sanno destreggiarsi egregiamente in un trip, nel tempo e nello spazio, che va dalle brume scozzesi all'Africa occidentale senza dimenticare un puntatina nella San Francisco dei Jefferson Airplane e dei Grateful Dead. A Robert Plant va riconosciuto il merito di non essersi lasciato travolgere ne' dalla nostalgia ne' dal tentativo di cancellare il suo (nobile) passato e di aver intrapreso, anni fa, un percorso coraggioso e onestissimo che l'ha portato, con Mighty Rearranger, al suo disco più bello, e non è poco.